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Heimat

Hortus Conclusus

Durante il Medio Evo, prese forma come spazio verde di studio, raccoglimento e meditazione, l’hortus conclusus; sia nel mondo laico-cortese che in quello religioso, lo spazio dell’hortus era cinto da un alto muro che lo isolava dal mondo esterno. Considerato anche come giardino dello spirito era metafora dell’esistenza umana e il muro che lo circondava diventava il limite tra dentro e fuori, separando e allo stesso tempo proteggendo. La soglia di entrata è il simbolo del passaggio e, già quando l’uomo supera il confine, modifica di fatto la propria condizione.

 

Un giardino circoscritto, limitato, chiuso entro una frontiera: un luogo concreto in cui l'uomo può ascoltare e comprendere la relazione tra sé stesso, la natura e tutto ciò che è metafisico. 

Concept

Da quanto accennato sopra probabilmente deriva il concept di questa serie di eventi che non voglio chiamare festival, né rassegna; non voglio chiamarla neppure "offerta culturale" perché il termine mi fa un po' schifo. È un ciclo di liberi incontri tra libere persone, in cui vengono trasmesse, recepite, scambiate e condivise informazioni e sensazioni. Da questi spunti, e dalla capienza limitata del piccolo cortile, dalla generosa capacità di mettersi in gioco degli artisti, e di mettere in gioco i loro percorsi, deriva la pertinenza di una frase che, nella sua brevità, esprime uno dei significati più importanti del ciclo di incontri:

Non per tutti, ma per ciascuno

È una frase che ho creato tempo fa per connotare una delle direzioni del mio lavoro teatrale e che utilizzo ancora oggi.

002 - Aaron Sheldon - Small Steps Are Gi

Aaron Sheldon Small Steps Are Giant Leaps, 2016

Conclusione

Pur non occupandosi minimamente di politica, HC è implicitamente un atto politico, oltre che poetico.

Tale atto avviene nel futuro. Un futuro ormai non troppo lontano, in cui la necessità del ritorno a una dimensione umana - nel senso migliore del termine - dell'arte, della cultura, del rapporto tra gli stessi esseri umani, il ritorno a una più chiara e certa percezione dell'importanza vitale di realtà concretamente immateriali, di matrici sottili, che ci riguardano molto da vicino, apparirà evidente a un numero decisivo di persone. Per tutto il resto c'è la fisica.

 

Hortus Conclusus accade nel presente di un mondo migliore, che è al contempo passato e futuro; non è in alcun modo riconducibile alla cronaca né alla storia, ma alla Tradizione, e perciò senza tempo. HC in effetti nasce direttamente come "classico".

 

Esistono molti Hortus nel mondo. Sono collegati tra loro e abitano, e preparano il mondo, che da sempre verrà.

Andrea Lanza

Aaron Sheldon - Small Steps Are Giant Le

Aaron Sheldon Small Steps Are Giant Leaps, 2016

Piccoli eventi

Il "grande" e il "piccolo", nell'ambito degli eventi culturali, sono unità di misura relative, astrazioni che, così come le intendiamo comunemente, vivono per lo più collegate al mercato che si fa dell'arte performativa (e dell'arte in genere), non all'esperienza delle persone né alle persone stesse. Ciò che accade nei piccoli giardini e nelle corti di HC

non è ripetibile su un grande palco, davanti a centinaia di persone, senza snaturarne l'essenza comunicativa; in hortus le dimensioni ridotte non sono un limite, sono necessarie. Inoltre, esiste una specificità - delle persone, del tempo e del luogo - che fanno sì che ciò che gli artisti e gli organizzatori esprimono in questo contesto non sia ripetibile in altri; o meglio: per esserlo realmente ogni aspetto della programmazione andrebbe ripensato e ridisegnato rispetto alle nuove coordinate specifiche.

Ciò che c'è non è tutto

Credo che la cultura oggi più che in altri periodi storici, debba svolgere una delle funzioni che più volte, nel corso della storia, le è stata attribuita: mostrare che ciò che c'è, non è tutto. In ogni senso. E l'Arte, in tutte le sue declinazioni, in parte ha questo compito. Voltandomi indietro e intorno, osservando ciò che è accaduto e continua ad accadere, deduco che HC risponde - anche se non programmaticamente - a questa visione,

e noto che nel modo di concepirlo ci sono direzioni e scelte che sottintendono

una reazione alla mia personale percezione

di alcuni aspetti della contemporaneità del cosiddetto "Occidente" del mondo. Tale reazione, in alcuni dei suoi aspetti più significativi, può essere così raccontata:

abitare poeticamente il mondo, una piccola fetta di mondo, questi giardini, sottraendoli per il tempo nel quale hanno luogo gli eventi di HC, alla mortifera, aggressiva e totalitaria prosa reificante che viene espressa dal nostro cosiddetto “presente”;

 

contribuire a una decolonizzazione dell'immaginario;

 

creare occasioni per l'intuizione e il vagheggiamento di presenti, passati e futuri alternativi, personali e collettivi;

 

mettere lo spirito e l'essere umano al centro dell'evento spazio-temporale- artistico, sottraendo entrambi, il più possibile, a qualsiasi fenomeno di manipolazione, massificazione, mercificazione, propaganda.

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Aaron Sheldon Small Steps Are Giant Leaps, 2016

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